
Praticare i kata non è solo per il gusto di
fare una bella esibizione. Il significato e il valore
della pratica risiedono nel farlo con il cuore
e l'anima. Una prestazione
straordinaria è una conseguenza naturale della
pratica, ma sarebbe un errore se questo fosse
il tuo unico obiettivo.
Zazen è la pratica della meditazione attraverso la posizione
seduta, mentre il Karate è la pratica della meditazione
attraverso il movimento dei kata. In Zazen
il percorso si ottiene attraverso il movimento
nell'immobilità, mentre nel Karate la via
si ottiene ricercando l'immobilità nel movimento.
Se usi le arti marziali per allenare la tua
mente e comprenderla, non ti stancherai mai
delle arti marziali e non c'è motivo per
cui non dovresti poter continuare a praticarle per
il resto della tua vita. Il Kata è il cuore
del Karate perché è un mezzo ideale di auto-
coltivazione e autodisciplina.
Genwa Nakasone
Questo testo di Genwa Nakasone offre una prospettiva profonda e illuminante sulla pratica dei kata nelle arti marziali. L'autore va ben oltre la visione superficiale della performance, sottolineando che il vero valore non risiede nella mera esibizione, per quanto essa possa essere eccellente.
Il cuore della pratica
Il punto cruciale è che i kata devono essere eseguiti con "il cuore e l'anima". Una prestazione straordinaria è sì una conseguenza, ma non deve essere l'obiettivo primario. Questo è un richiamo potente all'autenticità e all'impegno interiore, suggerendo che la pratica deve essere una ricerca personale e non una dimostrazione esterna. Se l'unico scopo fosse l'esibizione, si perderebbe il significato più profondo della disciplina.
Zen e Ai Jutsu: due facce della stessa medaglia
L'analogia tra Zazen (la meditazione seduta) e i kata è particolarmente affascinante. Nakasone li presenta come due forme complementari di meditazione: Zazen come "meditazione attraverso la posizione seduta" e l'arte Marziale come "meditazione attraverso il movimento dei kata".
La distinzione chiave è nella direzione della ricerca:
-
In Zazen, il percorso si trova nel "movimento nell'immobilità" (cioè, la quiete esteriore che porta a una profonda attività interiore).
-
Nell' Ai Jutsu, la via si ottiene "ricercando l'immobilità nel movimento" (cioè, trovare la calma e la consapevolezza profonda mentre il corpo è in azione).
Questa comparazione eleva la pratica dei kata da una sequenza di tecniche fisiche a una vera e propria disciplina meditativa, dove il corpo e la mente si fondono in un unico processo di auto-esplorazione.
La pratica come cammino di vita
Infine, Nakasone evidenzia la sostenibilità e la longevità della pratica delle arti marziali quando essa è orientata all'allenamento della mente e alla comprensione di sé. Se le arti marziali diventano un mezzo per la crescita personale e l'auto-conoscenza, non si rischia mai la noia o la stanchezza. Al contrario, si può continuare a praticarle per tutta la vita.
Il concetto che il kata è il cuore dell'arte marziale perché è un "mezzo ideale di auto-coltivazione e autodisciplina" riassume perfettamente il messaggio: la pratica non è solo tecnica, ma un percorso etico e spirituale che nutre la mente e lo spirito tanto quanto il corpo.
In sintesi, Nakasone ci invita a guardare oltre la superficie delle arti marziali, riconoscendo nei kata non solo una serie di movimenti, ma un potente strumento per la meditazione, la disciplina e la comprensione di sé, un cammino che può arricchire un'intera esistenza.
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