
I Tengu sono figure affascinanti e complesse della mitologia e del folklore giapponese, che occupano una posizione a metà strada tra le divinità e gli spiriti Yokai.
Nell'immaginario collettivo, il Tengu è spesso raffigurato con un lungo naso (nel caso del Daitengu o Grande Tengu) o con un becco di uccello (il Karasutengu o Corvo Tengu), ali potenti, e il tipico abbigliamento degli yamabushi, gli asceti guerrieri delle montagne. Questi esseri, che abitano le foreste più fitte e i monti più sacri del Giappone, non sono solo spiriti maligni o dispettosi, ma anche guardiani della natura e, soprattutto, custodi di conoscenze segrete.
Inizialmente, le leggende li dipingevano come figure minacciose, capaci di rapire bambini e di ingannare i monaci. Ma con il tempo, il loro ruolo è evoluto, trasformandosi in quello di esseri complessi che incarnano sia l'arroganza che l'umiltà. "Diventare un Tengu" (Tengu ni naru) è un'espressione che indica una persona che è diventata arrogante e presuntuosa, un'eco del loro orgoglio, ma allo stesso tempo, la loro conoscenza marziale è venerata e ricercata.
Il Legame Indissolubile con le Arti Marziali
Il legame tra i Tengu e le arti marziali è profondo e si perde nella notte dei tempi. Molte delle leggende più famose narrano di eroi e guerrieri che si ritirarono nelle montagne per apprendere dai Tengu tecniche di combattimento sovrumane.
La storia più celebre è quella di Minamoto no Yoshitsune, uno dei samurai più leggendari della storia giapponese. Si narra che, ancora giovane e noto come Ushiwakamaru, fu mandato a vivere sul Monte Kurama, a nord di Kyoto. Lì, incontrò il re dei Tengu, Sōjōbō, che lo prese sotto la sua ala. Sōjōbō non gli insegnò solo a maneggiare la spada con maestria, ma gli trasmise anche i segreti della strategia, del movimento e della percezione, rendendolo un guerriero inarrestabile. Questo racconto simboleggia l'idea che la vera maestria non si ottiene solo con la pratica fisica, ma attraverso l'integrazione di saggezza, disciplina e una profonda comprensione del proprio avversario e dell'ambiente circostante.
Oltre a Yoshitsune, altre figure storiche del budo (le vie marziali) sono legate ai Tengu. Le leggende raccontano di maestri di spada che, dopo aver raggiunto un certo livello di abilità, sentirono il bisogno di un insegnamento superiore e si recarono nelle montagne, tornando con una conoscenza che sembrava non umana.
I Tengu e l'aspetto filosofico del Combattimento
I Tengu rappresentano non solo la pura forza, ma anche l'aspetto più filosofico e spirituale delle arti marziali. A differenza di un semplice combattimento, l'insegnamento del Tengu si concentra su:
-
L'Umiltà: Il Tengu, con il suo orgoglio, è anche il simbolo dell'importanza di superare la propria arroganza. L'umiltà è la chiave per ricevere i loro insegnamenti, poiché un guerriero che crede di sapere già tutto non potrà mai progredire.
-
La Connessione con la Natura: La loro dimora, la montagna, è il luogo in cui si impara a lottare non solo contro un avversario, ma anche contro gli elementi. Questo insegna al guerriero a essere in armonia con l'ambiente, a usare il terreno a proprio vantaggio e a muoversi con la velocità e l'imprevedibilità di un corvo.
-
La Tecnica Segreta (Shukuchi): Le leggende descrivono i Tengu come maestri di tecniche come lo shukuchi, la capacità di coprire grandi distanze in un istante, quasi come un teletrasporto. Questo non va inteso in senso letterale, ma come la metafora della velocità e dell'efficienza nel movimento, che si ottengono solo con un'intensa pratica e una profonda connessione tra mente e corpo.
Tengu Geijutsu Ron (discorso sull'arte dei Tengu)

Il Tengu Geijutsu Ron è un testo classico del XVIII secolo scritto dal maestro di spada e filosofo Issai Chozan (1671-1748). Chozan visse durante il periodo Edo, un'epoca di relativa pace in Giappone, quando la classe dei samurai si stava trasformando da guerrieri del campo di battaglia ad amministratori e studiosi. Questa transizione gli permise di dedicare la sua vita a ricerche intellettuali e spirituali, cercando un significato più profondo nelle arti marziali al di là del semplice combattimento.
Vedeva l'arte della spada non come uno strumento per uccidere, ma come un percorso di auto-coltivazione e illuminazione. Chozan credeva che i principi dello Zen e del Confucianesimo fossero essenziali per raggiungere la vera maestria. Mentre il Confucianesimo forniva il quadro etico e disciplinato per la vita di un guerriero, lo Zen offriva il sentiero per la liberazione spirituale e lo stato finale di mushin, o "non-mente".
Scritto sotto forma di dialogo tra uno spadaccino e un mitico Tengu, il Tengu Geijutsu Ron esplora le dimensioni spirituali della spada. Invece di concentrarsi sulle tecniche, approfondisce gli stati mentali ed emotivi necessari per la vera maestria.
L'Unione di Zen e Confucianesimo
L'opera di Chozan non si limita a un unico pensiero, ma fonde due correnti filosofiche cruciali per la cultura giapponese dell'epoca:
-
Il Confucianesimo: Questa filosofia pone l'accento sull'etica, la disciplina e il servizio alla comunità. Nella pratica della spada, questo si traduce nel rispetto per il maestro, nel rigore dell'allenamento e nella comprensione che l'arte marziale è un mezzo per diventare un individuo migliore e un servitore leale dello Stato. L'addestramento non serve solo a sconfiggere l'avversario, ma a plasmare il carattere.
-
Lo Zen: Il Buddhismo Zen è il cuore spirituale del testo. L'obiettivo ultimo non è la vittoria in battaglia, ma il raggiungimento di uno stato mentale di mushin (mente vuota). In questo stato, la mente è libera da pensieri, emozioni, paura e auto-consapevolezza. L'azione diventa istintiva, pura e in linea con il flusso universale. La spada non è più un oggetto, ma un'estensione del proprio corpo, e il movimento non è pianificato, ma avviene spontaneamente.
I Principi Chiave
Il libro non è un manuale pratico di arti marziali, ma una guida per raggiungere uno stato di illuminazione attraverso il budo (la via marziale). I concetti principali sono:
-
Mushin (Mente Vuota): Questo è il cuore dell'insegnamento. Il mushin è uno stato mentale di non-pensiero, in cui la mente è libera da paura, ansia, dubbi, rabbia o ego. In questo stato, l'azione non è più calcolata ma istintiva e spontanea, permettendo al corpo di reagire in modo perfetto e senza esitazione. La spada diventa un'estensione della propria volontà, e la tecnica fluisce senza sforzo.
-
Il Flusso del Ki (Energia Vitale): Il testo enfatizza il ruolo del ki, l'energia vitale che scorre in ogni essere. La mente deve essere "corretta" e non bloccarsi su un pensiero o un'emozione, perché qualsiasi blocco mentale ostacola il libero flusso del ki. Un'energia vitale che scorre liberamente permette al guerriero di avere una forza e una velocità superiori, al di là delle sue capacità fisiche.
-
L'Unione di Mente, Corpo e Spada: L'obiettivo ultimo è l'unità completa di mente, corpo e arma. L'arma non è un semplice strumento, ma una parte del guerriero. Il guerriero non combatte l'avversario, ma la propria mente, i propri limiti e le proprie paure.
In sintesi, il libro insegna che l'arte di tirare di spada è una metafora per la vita stessa. La vera battaglia non è contro gli altri, ma contro sé stessi. Padroneggiare la spada significa padroneggiare la propria mente.
LUCA MATTAROZZI insegnante di Ai Jutsu, Yoga e Personal Trainer presso l'associazione Dojo Maharishi Satyhananda
Scrivi commento